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Cucina siciliana


In Sicilia i colori, i profumi, i sapori, le mille bellezze che scopri ogni giorno, quando l’ammiri, non si limitano a finire negli occhi, ti entrano dentro le vene e le ossa, e con esse diventi una sola cosa.


La cucina siciliana è l’espressione dell’arte culinaria sviluppata in Sicilia fin dall’antichità.

Già dai tempi dell’Antica Grecia in Sicilia si andava sviluppando uno stile ben preciso di abitudini culinarie che col passare dei secoli si è arricchito di nuovi sapori e di nuove pietanze nel corso di due millenni quindi, diventandono di forte importanza per la proria identità ed anche come attrazione turistica vera e propria.

Tutto ciò ha fatto della cucina siciliana una delle più ricche d’Italia con ricette molto famose, salate, ma soprattutto dolci.

Si pensi alla caponata, alle tante ricette con il pesce ed in particolare il pescespada e poi alla cassata, ai cannoli, ai gelati e granite, ed alle tantissime ricette che utilizzando “l’oro verde di Bronte”: il pistacchio.

Una terra di grandi materie prime e vini fantastici.

I Romani disboscarono vaste porzioni della Sicilia per coltivare in modo estensivo il grano, che veniva panificato nell’Isola con semi di papavero, di cumino o di sesamo, oltre a dare un nuovo impulso alla vinificazione ed alla produzione di uve da tavola.

La produzione della pasta si ebbe in Sicilia fin dai tempi dell’antica Roma. Le influenze musulmane risalgono in particolare alla dominazione arabaa nel X e XI secolo, e includono l’uso di albicocche, zucchero, agrumi, meloni dolci, riso, zafferano, uva passa, noce moscata, chiodi di garofano, pepe, pinoli e cannella, oltre al cous-cous. La comunità ebraica che risiedeva nell’isola ha lasciato un segno profondo, soprattutto nel sugo all’aglio o nella preparazioni a base di frattaglie. Gli Spagnoli  introdussero numerosi prodotti dalle Americhe, tra cui cacao, mais, peperoni, e pomodori.

Essendo l’isola ricca di grano, essa fungeva da fornitore per l’Urbe. Anche i dolci si diffusero fin dall’antichità, specialmente il miele, con il quale vennero lavorate le mandorle di Avola.

Il pane, già noto dai tempi dei greci, con il passare dei secoli assunse nuove forme. Particolare usanza fu quella di cuocere il pane sul braciere e poi intingerlo nel vino addolcito col miele: molti rivedono in questa pietanza l’antenato dell’odierno babà napoletano. In epoca medievale assistiamo alla presenza degli Arabi nell’isola che una grande importanza avranno per la formazione della cucina siciliana dei secoli a venire.

Essi furono dei  veri rivoluzionari nel campo culinario portando nell’isola le loro antiche colture; tra le più note basta citare le arance e i limoni per capire quanto notevole fu il loro incremento. La canna da zucchero, il riso e poi una vera concentrazione nell’arte dolciaria. La cassata, i cannoli, la granita, il sorbetto, il gelato… distillarono loro per primi i liquori, ma vera curiosità…per osservanza alle loro leggi religiose del corano, ne facevano esclusivo uso medicinale.

La cucina d’Italia più ricca di specialità e più scenografica di tutte!

Poi i normanni, provenienti dal Nord Europa, portarono nella calda terra di Sicilia un apporto per la gastronomia della selvaggina, trattandosi di abili cacciatori.

Nella seconda metà del Duecento, quando a Genova nascevano i primi pasteifici destinati alla produzione di pasta, non molti sanno che le maestranze specializzate e il grano provenivano dalla Sicilia.

Nella cucina locale ci sono anche tracce francesi, come quella dell’uso della cipolla al posto dell’aglio per salse e sughi più fini; o l’uso della pasta frolla, anch’essa introdotta tra i siciliani dai francesi.

Il gelato nasce in Sicilia

Si narra infatti che qui, già ai tempi degli arabiella, fosse in uso preparare una sostanza, molto simile al gelato, chiamata sharāb (sorbetto). Mescolavano la neve dell’Etna con zucchero di canna e succo e polpa di frutta ottenendo un composto che può definirsi l’antenato del gelato artigianale. Molti secoli dopo, un siciliano del ‘600, Francesco Procopio ereditò dal nonno una sorbettiera che portò a Parigi dove aprì il caffè Procope.

Perfezionò grazie al suo ingegno la macchina riuscendo produrre i primi gelati molto simili a quelli che si trovano in commercio oggi, le cui macchine si basano su principi non lontani da quelli inventati da Procopio.

La frutta martorana

Da non confondere con le paste di mandorla, La frutta di Martorana  è un tipico dolce, famoso nel mondo perché la sua preparazione e confezionamento prevede, nella forma e nell’aspetto alla fine del processo di preparazione, la perfetta imitazione o riproduzione di frutta e talvolta ortaggi o pesci. Internamente è simile al marzapane ma molto più ricca di zucchero ed è essenzialmente a base di farina di mandorle e miele.

Deve il suo nome alla Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio conosciuta con il nome di Chiesa della Martorana nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, da cui prese il nome, dove le suore la preparavano e la vendevano fino alla metà del 1900.

Secondo una nota tradizione, la frutta di Martorana è nata perché le monache del monastero della Martorana, per sostituire i frutti raccolti dal loro giardino ne crearono di nuovi con farina di mandorle e zucchero, per abbellire il monastero per la visita del papa dell’epoca.


Le ricette della cucina siciliana

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